Tempus beneplaciti

Sembra che tutto, nella Chiesa, stia precipitando e che il picconatore avanzi incontrastato senza che alcuno possa fermarlo; nemmeno del famoso “atto di correzione formale” si è sentito più nulla…

Eppure anche questo è un tempo favorevole, perché anche in esso siamo costantemente oggetto della benevolenza di Dio, che lo ha stabilito così per una disposizione di suprema sapienza. Questo è il tempo in cui il Signore mette alla prova i Suoi per verificare se meritano di partecipare al trionfo del Suo regno, che verrà mediante il regno di Maria; ma anche il tempo in cui fa venire allo scoperto i traditori per farceli individuare con certezza e per marchiarli d’infamia, ma lasciando loro ancora spazio per la conversione, prima di doverli punire. Vista sub specie aeternitatis, dunque, anche l’attuale situazione è tempo di grazia, tempus beneplaciti.

Ciò non toglie, tuttavia, che la resistenza si faccia sempre più dura. Il pensiero appena esposto può allora preservarci dallo scoraggiamento, che dobbiamo altresì respingere con la volontà. Guai ad acconsentire a pensieri pessimistici che celano in sé la peggiore delle tentazioni – quella contro la speranza – e possono trasformarsi in uno dei più gravi affronti alla sapienza e provvidenza divina! Se uno ha una fede cristallina e dottrinalmente ineccepibile, ma sceglie deliberatamente di lasciarsi andare all’abbattimento, alla rabbia o alla depressione (facce diverse dello stesso centramento sull’io), mostra che la sua fede non è viva, visto che non alimenta la seconda virtù teologale e che lascia languire la terza.

Quando il nostro cuore boccheggia di dolore e d’amarezza, corriamo da Lui, davanti al tabernacolo, e restiamo semplicemente là, alla Sua presenza piena d’amore, di pace e di fortezza, a farci guarire dal Suo sorriso così dolce, umile e mite. «Davanti a lui effondi il tuo cuore; nostro rifugio è Dio» (Sal 61, 9). Gesù è infinitamente ricco e prodigo di consolazioni ineffabili con chi soffre e lotta per rimanergli fedele. Se così è sempre stato, quanto più lo è ora con noi, che stiamo attraversando la peggiore crisi della Chiesa da quando esiste e dobbiamo sostenere un terribile assalto non più dall’esterno soltanto, ma anche dall’interno del Corpo, e proprio da chi dovrebbe difenderci e guidarci! Non obblighiamolo quindi a tenersi le tenerezze che ha in serbo per noi.

Non è urlando il proprio sdegno e scagliandosi reciproci anatemi che si migliora la situazione. Essa è così grave che solo i mezzi soprannaturali della grazia possono incidere positivamente: preghiera, offerta e penitenza… senza omettere, evidentemente, la necessaria formazione personale tramite buone letture (Catechismo di san Pio X, scritti dei Santi e dei Padri della Chiesa) e un apostolato fervente di carità e inventiva verso quanti sono disposti ad accostarsi alla luce. Certo, non si può fare a meno dei Sacramenti e di una buona predicazione: è la sfida più ardua in questo momento, ma il Padrone della messe non la lascia priva di operai. Torno a ripetere: andate in cerca dei buoni sacerdoti, stanateli, braccateli, rapiteli… Vedrete che ce ne sono ancora; magari rincantucciati nell’angolo in cui li hanno relegati, ma ce ne sono.

Non correte dietro a tutti i “messaggi” che sono in circolazione, anzitutto perché non abbiamo alcuna certezza circa la loro reale origine e in molti casi, anzi, ci sono segni evidenti che non vengono da Dio. La gravità eccezionale dei tempi in cui viviamo non è un motivo sufficiente perché chiunque si senta autorizzato a spacciare presunte comunicazioni celesti che, se non altro, si squalificano da sé già solo per la loro impressionante prolissità e abbondanza. Il loro effetto nocivo, quand’anche non contengano errori o eresie manifeste (come in certi casi è del tutto evidente), è che ci riempiono d’inquietudine, ci distolgono dai nostri doveri di stato, disperdono la nostra vita spirituale in mille rivoli e – last but not least – finiscono col diventare un “magistero” alternativo che può renderci indifferenti, se non superbi e sprezzanti, verso quello della Chiesa (che in questo momento, certo, fa acqua da tutte le parti, ma in linea di principio rimane la norma prossima su cui i fedeli devono regolare la propria fede). Se questi sono i risultati, da chi possono mai venire?

Per evitare una trappola, non buttiamoci in un’altra. Di questo passo, ognuno si fa la sua religione ad usum Delphini… È pur vero che siamo figli di un Re, ma il regno è Suo e ha stabilito Lui i mezzi necessari per diventarne eredi, dei quali disponiamo pienamente e che non ci farà mai mancare. Per quest’epoca così travagliata, poi, ci ha perfino inviato la Regina. Sono cento anni che è apparsa a Fatima per rivolgerci poche e precise richieste che non hanno ancora trovato sufficiente attuazione. Ascoltiamola: questo è il momento giusto. Facciamole il favore di aiutarla a salvarci. Ricambiamo il Suo impagabile affetto assecondandone le premure e collaborando con Lei nell’opera grandiosa che il Figlio Le ha affidato. La nostra prima preoccupazione dev’essere la santificazione personale, che non si realizza prendendo scorciatoie illusorie né tanto meno giudicando tutto e tutti sulla base della propria opinione privata.

Se in questo momento chi di dovere non esercita adeguatamente la sua funzione, non possiamo certo sostituirci a lui, ma dobbiamo pregare ancor più, o per la sua conversione, o perché il Signore ce ne mandi un altro, sapendo che il tempo della prova è limitato e che anch’esso serve a farci progredire. «Nella santificazione delle nostre anime sta il vero progresso. Ogni volta che le nostre anime registreranno una maggiore conformità alla volontà dell’Immacolata, sarà un passo avanti», ci ricorda san Massimiliano Maria Kolbe. «L’unico desiderio mariano è quello di innalzare il livello della vita spirituale di ognuno, fino alle vette della santità. Condizione essenziale per ogni apostolo è quella di offrirsi in proprietà all’Immacolata. Chi è in grado di irrobustire la fiacca e corrotta volontà umana di oggi in balìa di molteplici errori e menzogne, se non Colei che è immacolata fin dal primo istante della propria esistenza, la Madre della grazia divina?».

Ci siamo offerti in proprietà all’Immacolata con la consacrazione; chi non l’abbia ancora effettuata lo faccia quanto prima, magari oggi stesso o, se non è pronto, il prossimo 25 marzo. Una volta compiuto questo passo, bisogna rimanere nella pace, sicuri di poter essere preservati da ogni danno da una Madre così premurosa e potente, ma al contempo determinati a fare tutto il possibile per cooperare con Lei corrispondendo all’impegno assunto. È grazie a Lei che abbiamo riscoperto la Tradizione; seguendola e obbedendole, evitiamo ora le pericolose deviazioni settarie con cui il diavolo insidia quanti non è riuscito a fuorviare direttamente. Consacrandoci a Lei, Le abbiamo affidato anche i nostri cari, specie quelli che ancora non ci comprendono: anch’essi sono ormai, in modo speciale, nell’orbita delle Sue impareggiabili cure – e, prima o poi, capitoleranno.

Secondo un manoscritto del 1118 attribuito a Marfin, monaco irlandese, lungo il tragitto verso la Spagna oppressa dai Mori re Carlo aveva posto l’assedio al castello di Lourdes, allora occupato dal saraceno Mirat. Dopo che un’aquila in volo ebbe lasciato cadere dal becco una trota, poi lanciata dagli assediati all’esterno per far credere di non essere a corto di cibo, il vescovo di Puy-en-Velay, ambasciatore del re, iniziò le trattative. L’emiro accettò allora di arrendersi, ma non al re dei franchi, bensì alla Signora del Paese, che dal V secolo era venerata a Puy. Mirat si convertì e fu battezzato, potendo così rimanere al castello come vassallo della Vergine Maria. Poco più di mille anni più tardi…

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