Scandali sotto il saio: Satana nel convento di Padre Pio

Una donna che lavorava nel monastero del Santo di Pietrelcina denuncia: «I frati hanno abusato sessualmente di me». E produce registrazioni e sms pornografici. La procura avvia un’inchiesta

di Lirio Abbate  

09 giugno 2016

Se non ci fossero violenze, gli audio di alcune telefonate, e i messaggi inviati dai cellulari di alcuni frati cappuccini, saremmo in un racconto boccaccesco. La tecnologia trasforma tutto e rende reali anche le tristi storie. Il sesso si mischia alla violenza e alle ritorsioni nel convento più famoso nel mondo religioso, quello in cui ha vissuto padre Pio a San Giovanni Rotondo. Centinaia di conversazioni telefoniche tracciano la triste storia di alcuni religiosi che avrebbero abusato e molestato una ragazza che lavorava nel convento. Sono telefonate registrate ed sms a luci rosse scritti dai frati che svelano il lato oscuro di un mondo in cui vivono alcuni di loro, tenuto segreto e nascosto ai fedeli. È il modo con il quale viene sottomessa una povera ragazza attraverso tentativi di violenza sessuale e molestie, pena il licenziamento in caso di rifiuto.

Fatti che si sono svolti per lungo tempo a San Giovanni Rotondo. Storie incise sui nastri audio o scritte nei messaggi di cui “l’Espresso” ha preso visione. La vittima degli abusi è Anna Verde, oggi ha 40 anni. Ha avuto il coraggio di dire basta ai soprusi e alle molestie, denunciando prima alla polizia di Foggia e poi ai carabinieri della sezione della procura della Repubblica. Le sue accuse, oltre alle registrazioni, non sembrano campate in aria perché sono state confermate davanti agli investigatori anche da tre frati che hanno vissuto, in periodi diversi, nel convento di San Giovanni Rotondo, ed hanno visto e sentito ciò che Anna Verde ha denunciato. Per i tre frati, però, solo per aver parlato delle molestie e difeso Anna, accusando alcuni confratelli, è arrivata la punizione “religiosa”. Sono stati oggetto di provvedimenti disciplinari da parte dei loro superiori dell’ordine dei frati minori cappuccini. E per questo allontanati dalla sede in cui si trovavano e trasferiti in altre province per un periodo che a loro non è stato comunicato. Di fatto sono in esilio, e non possono parlare con estranei. Insomma, i loro superiori li hanno messi in punizione solo perché hanno collaborato e denunciato fatti orribili che si sarebbero verificati fra le mura del convento di padre Pio.

Alcuni anni fa la struttura di San Giovanni Rotondo è stata aperta ai laici che hanno iniziato a lavorarci. Fra loro è arrivata anche Anna Verde, all’epoca era una ragazza ventenne, molto povera, che viveva con le sue due gemelle in un piccolo garage, senza luce elettrica, in un paese vicino a San Giovanni Rotondo. Grazie ai frati Anna viene accolta nel convento e nel 1999 inizia a lavorare con loro. Aiuta in cucina e in altri servizi e per i primi tre anni lavora in nero. L’economo del convento, padre Gianmaria Digiorgio le versa quattrocentomila lire al mese, in contanti.

Da qui inizia il racconto, che ci porta ad una storia di dipendenza. Perché Anna con il passare del tempo vive in un contesto che diventa il suo unico mondo. In questo mondo, però, trova il suo orco. «Pensavo di trovare la casa di Dio, l’amore cristiano, invece ho trovato un porcile», scriverà la donna nella sua querela presentata nel febbraio 2014 alla procura di Foggia. Nel convento Anna viene presa di mira dal più potente dei frati e questo, in seguito, la porterà a diventare la vittima di abusi di molti altri frati e anche di qualche laico. La donna non è più vista come una persona, ma diventa oggetto del desiderio a disposizione di chiunque voglia “cadere nel peccato”.

«Padre Gianmaria Digiorgio sin dall’inizio del mio rapporto di lavoro mi ha molestata sessualmente, a volte sul posto di lavoro, quando ero sola in cucina, mi veniva a trovare e mettendo una mano sotto il saio si masturbava», rivela Anna agli investigatori. La donna accusa padre Digiorgio. Sostiene che lei lo ha respinto ed ha portato l’economo del convento ad urlare: «Ah mi rifiuti? Ed io allora vicino a te ti metterò i più maiali». Frase che è stata ascoltata anche da un testimone, un frate, che poche settimane fa l’ha confermata davanti ai giudici. Sarà stata una coincidenza, ma dopo quella minaccia Anna è stata molestata pure da altre persone all’interno del convento.

Gianmaria Digiorgio dal 2010 è stato trasferito a Foggia. Interrogato dai giudici l’ex economo dice: «Dispiace dirlo ancora adesso», si riferisce ad Anna Verde «ha denigrato l’abito che noi frati Cappuccini indossiamo, ha denigrato l’abito del nostro confratello Padre Pio da Pietrelcina, facendo delle accuse contro la moralità». E poi Digiorgio aggiunge: «Voglio far presente che abbiamo avuto un’inquadratura spirituale, io ero seminarista con Padre Pio da Pietrelcina allora, siamo esenti da tutto questo malcontento che la signora Anna Verde ha presentato contro la nostra moralità». Infine, rivolto ai magistrati il frate afferma: «Voglio ricordare che sono un sacerdote e non posso essere un terrorista contro l’uno o contro l’altro». E ancora: «Allora noi diciamo quello che accade e che è accaduto, ma senza offendere l’uno ed accusare l’altro, il problema è che noi abbiamo un abito addosso che dobbiamo difendere». È un monito rivolto ai frati che invece hanno deciso di collaborare riscontrando le affermazioni di Anna e quindi accusando altri cappuccini?

La donna racconta di aver chiesto aiuto a padre Felice Cangelosi, all’epoca vicario generale, oggi alla guida dei cappuccini di Messina. Era l’unico che avrebbe avuto, grazie al ruolo ricoperto, la possibilità di intervenire. Nonostante l’apparente disponibilità, Cangelosi secondo la difesa della donna da quel momento crea intorno ad Anna una sorta di isolamento, tanto che per evitare che lei potesse parlare con estranei al convento, aveva disposto che un frate l’accompagnasse ogni volta che doveva uscire dalla struttura religiosa. Il frate scelto per questo “affiancamento”, secondo Anna Verde, nell’estate del 2009 l’avrebbe molestata durante un viaggio verso Bassano del Grappa.

Cangelosi ha detto ai giudici di avere sempre aiutato Anna Verde. È dell’ex vicario generale un sms alla donna in cui scrive: «Il signore ti vuole bene, sii forte, tu non perdi la dignità, la perde chi ti tratta male». Chi trattava male Anna Verde? «Lei si lamentava di essere trattata male, un po’ da tutti, dopo il fatto del 2012 (l’aggressione con molestie subite ndr) i frati l’avevano abbandonata. In precedenza si lamentava specificamente di un frate, padre Gianmaria Digiorgio». Cangelosi esclude però che si potesse trattare di molestie o abusi. Ipotizza che forse era mobbizzata.

«Ho continuato a subire avance da alcuni frati e ricevevo immagini sconce di frati in mutande. È evidente, insomma, il tentativo di farmi impazzire per il disagio», scrive la donna ai giudici. E racconta tanti episodi, tra i quali uno degli ultimi avvenuto ad ottobre 2013 quando un frate, mentre le stava parlando, «all’improvviso mi dice: “mi piaci con le gambe aperte”. Anche in quella occasione ho provveduto a registrare la conversazione».

Di abusi e molestie si parla nei 328 file audio registrati da Anna e in centinaia di sms che la donna ha ricevuto. Tutto questo materiale è stato raccolto dal suo difensore, l’avvocatessa Alessandra Guarini, che li ha fatti esaminare e certificare dall’ingegnere Giuseppe Dezzani del Digital Forensics Bureau in una consulenza tecnica. La ricerca di altri riscontri è stata affidata dal difensore al gruppo di investigatori privati che fa capo a Nicola Santimone. L’avvocatessa Guarini è affiancata dallo studio legale di Angela Cascarano, e i legali si sono costituiti parte civile davanti ai giudici del tribunale di Foggia, impugnando pure il licenziamento di Anna per “giusta causa” arrivato dopo le denunce. Un team di professionisti si è messo a lavoro per aiutare questa donna ad avere giustizia.

Dal racconto emerge il modo in cui Anna è stata tenuta prigioniera, un ostaggio sotto ricatto perché se fosse uscita dal convento rischiava la miseria. Durante i quattordici anni in cui vive e lavora nel convento, Anna non ha relazioni con l’esterno. Per lei esistono solo il convento e i frati. Nessun altro esterno che possa aiutarla a prendere la decisione di troncare. È isolata, prigioniera. Riesce a guadagnare qualcosa solo grazie ai religiosi. Non riesce a sopportare i continui abusi ai quali è sottoposta. L’equilibrio si spezza dopo l’ultima molestia subita. Quella di un laico che lavora nel convento, Matteo Nardella, attualmente imputato davanti ai giudici del tribunale di Foggia. Tenta di abusare di lei ed è la goccia che fa traboccare il vaso. È luglio 2012. La donna finisce al pronto soccorso e qui convinta dai medici dell’ospedale in cui è stata visitata e poi dagli investigatori che erano stati allertati, ha preso coraggio ed ha denunciato. Ha raccontato la sua storia. Ma dopo la denuncia arriva l’isolamento, con la reazione durissima dei frati: ritorsioni e vessazioni. A cominciare dal licenziamento fino allo sfratto di casa che gli era stata messa a disposizione dai frati, pagando un piccolo affitto.

La vicenda di Anna Verde è come quella di tante donne che sono vittime di un marito aguzzino che amano e odiano. Perché da quell’uomo dipende la loro vita e la loro morte, e quindi si crea un rapporto da sindrome di Stoccolma. Anna non ha alternative: o sta in convento e accetta le molestie, pagando così un prezzo altissimo, compiacendo le pulsioni di tutti, o altrimenti c’è la miseria. Il rischio per lei è ritornare a vivere nel garage, in povertà. Perché se esce dal convento non ha più nulla. Come poi si è verificato. Sembra non avere alternative. Questa donna però ha trovato il coraggio di ribellarsi, sostenuta dai tre frati cappuccini che hanno testimoniato a suo favore. Uno di loro, padre Domenico Costanzo, ha pure scritto a papa Francesco segnalando la vicenda, ma non ha avuto risposta. La ribellione di Anna si spinge avanti, e dopo aver denunciato il suo collega laico Nardella, ha svelato agli investigatori di Foggia gli abusi che avrebbe avuto dai frati.

La procura, dopo diversi solleciti presentati dal difensore di Verde, tutti protocollati, ha aperto due fascicoli dopo ventiquattro mesi dalla denuncia. E così c’è stato un diverso trattamento dei casi denunciati: Nardella è stato mandato sotto processo per violenza e molestia sessuale e il processo è in corso davanti ai giudici del tribunale e Anna è parte civile. Per quanto riguarda invece le accuse ai frati, i pm di Foggia non contestano alcun reato di abuso sessuale, ma solo “maltrattamenti sul luogo di lavoro”. Le molestie denunciate non vengono prese in considerazione. Secondo la difesa non sarebbe stato fatto su questo punto alcun approfondimento investigativo. Secondo i magistrati non ci sono questi reati. Non solo, per i maltrattamenti per i quali i frati sono ancora indagati, la procura chiede l’archiviazione, perché la notizia di reato è infondata. A questa richiesta il difensore della parte offesa si è opposto e il gip del tribunale dovrà fissare una nuova udienza per discutere questa scelta della procura. I casi giudiziari sono ancora aperti e si prevedono nuovi colpi di scena.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2016/06/08/news/i-frati-hanno-abusato-sessualmente-di-me-satana-nel-convento-di-padre-pio-1.270361

 

Fatti che si sono svolti per lungo tempo a San Giovanni Rotondo. Storie incise sui nastri audio o scritte nei messaggi di cui “l’Espresso” ha preso visione. La vittima degli abusi è Anna Verde, oggi ha 40 anni. Ha avuto il coraggio di dire basta ai soprusi e alle molestie, denunciando prima alla polizia di Foggia e poi ai carabinieri della sezione della procura della Repubblica.

 

Il sesso si mischia alla violenza e alle ritorsioni nel convento più famoso nel mondo religioso, quello in cui ha vissuto padre Pio a San Giovanni Rotondo. Centinaia di conversazioni telefoniche tracciano la triste storia di alcuni religiosi accusati di avere abusato e molestato una ragazza che lavorava nel convento. In questa triste storia ci sono due pesi e due misure. E una giustizia a fasi alterne. I frati che hanno confermato le accuse, testimoniando a favore della donna, sono stati puniti dai loro superiori e trasferiti in altri conventi. Mentre la procura di Foggia su queste accuse, credendole, ha mandato sotto processo un laico per molestie e violenza sessuale. Per i frati no. Per loro è stata chiesta l’archiviazione. E il difensore della parte offesa si è opposto. La storia è ancora aperta. Di Lirio Abbate

Le sue accuse, oltre alle registrazioni, non sembrano campate in aria perché sono state confermate davanti agli investigatori anche da tre frati che hanno vissuto, in periodi diversi, nel convento di San Giovanni Rotondo, ed hanno visto e sentito ciò che Anna Verde ha denunciato. Per i tre frati, però, solo per aver parlato delle molestie e difeso Anna, accusando alcuni confratelli, è arrivata la punizione “religiosa”. Sono stati oggetto di provvedimenti disciplinari da parte dei loro superiori dell’ordine dei frati minori cappuccini. E per questo allontanati dalla sede in cui si trovavano e trasferiti in altre province per un periodo che a loro non è stato comunicato.

Di fatto sono in esilio, e non possono parlare con estranei. Insomma, i loro superiori li hanno messi in punizione solo perché hanno collaborato e denunciato fatti orribili che si sarebbero verificati fra le mura del convento di padre Pio.

I frati accusati da Anna, fra le tante telefonate e la valanga di messaggi le scrivevano: «Vorrei essere un neo per trovarmi nei posti più insensati, vorrei essere una crema di bellezza, per massaggiarti, vorrei essere un indumento per stare sempre addosso a te, ma ora vivo solo nell’immaginario e per questo mi accontento!». Ma c’era pure chi si sbilanciava su temi più caldi: «Anna vorrei leccarti (…) per me non è un problema la notte mi (…) pensando la tua (…)».

La donna per questi fatti ha denunciato un laico che lavora nel convento e alcuni frati, che adesso sono stati trasferiti dalla struttura religiosa. Per il laico, accusato di molestie e violenza sessuale, c’è già un processo che si svolge davanti ai giudici del tribunale di Foggia, e Anna Verde è costituita parte civile con l’avvocatessa Alessandra Guarini. Per i frati, dopo diverse sollecitazioni fatte dalla difesa della donna alla procura a svolgere indagini, è stato aperto un fascicolo dopo oltre ventiquattro mesi dalla denuncia e in questo caso i pm di Foggia non hanno contestato alcun reato di abuso sessuale, ma solo “maltrattamenti sul luogo di lavoro”. Le molestie denunciate non sono state prese in considerazione.

Secondo la difesa non sarebbe stato fatto su questo punto alcun approfondimento investigativo. Per i magistrati non ci sono questi reati. Non solo, per i maltrattamenti per i quali i frati sono ancora indagati, la procura chiede l’archiviazione, perché la notizia di reato è infondata. A questa richiesta Anna Verde si è opposta e il gip del tribunale dovrà fissare una nuova udienza per discutere questa scelta della procura.

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