eliminato con l’eutanasia per errore…

“Effetti collaterali”: eliminato con l’eutanasia per errore, non era malato

11 luglio 2013

Ad ottobre dell’anno scorso il mondo intero si commosse per una incredibile notizia arrivata dalla Danimarca. Carina Melchior, una ragazza 19enne di Aarhus, si era risvegliata ed aveva sorriso teneramente ai suoi esterrefatti, mancati carnefici mentre era già pronta sul tavolo operatorio per l’espianto degli organi. Per quasi un anno, dopo un maledetto incidente stradale, le già gravissime condizioni di Carina erano andate via via peggiorando, facendo raggiungere alla ragazza quello che i medici definiscono uno stato neurovegetativo, decretato da un encefalogramma ormai divenuto totalmente piatto. A quel punto, i medici sondarono il terreno con i signori Melchior per verificarne la disponibilità alla donazione degli organi della figlia, ricevendo un loro tormentato assenso dopo che erano stati conviti, non senza qualche ripetuta insistenza, che per Carina non ci fosse più nulla da fare. Ora la ragazza conduce una vita normalissima rallegrata dalla sua inseparabile cavallina Mathilda, ha il corpo segnato da molte cicatrici, ma nel complesso sta abbastanza bene e sta perseguendo il suo sogno di fare la graphic designer professionista.

Ma che era successo? Superficialità dei medici, lacune legislative in una materia così delicata e così poco conosciuta? Qual è il limite riconoscibile tra la vita e la morte e chi, come e quando può arrogarsi il diritto di decidere in merito? Se Carina avesse ritardato a risvegliarsi anche di pochi minuti, sarebbe stata sezionata viva, ma del fatto nessuno ne avrebbe saputo mai nulla, neanche i medici che avevano accertato e ratificato con firme e timbri una “morte cerebrale definitiva e senza ombra di dubbio”. Chissà quante volte questo è successo in tutto il mondo da quando è divenuto di moda il vezzo di pseudo-intellettuali materialisti e senza scrupoli di sorta di contrabbandare la “dolce morte” come un diritto umano, anzichè considerarla per quello che è, un deliberato e barbaro omicidio. Come minimo va riconosciuto che le regole attuali non funzionano, sono sbagliate se poi si verificano casi come quelli di Carina. Ma ormai “staccare la spina” od attuare pratiche che inducono artificialmente la morte è diventata una moda dilagante. Così le pagine di cronaca si riempiono di notizie di disperati viaggi in Svizzera senza ritorno di gente che, in preda ad una psicosi malvagiamente creata e diffusa ad arte, per essere ammazzata è persino disposta a pagare.

Così mentre Carina si svegliava, Roberto Gandolfi, un imprenditore romano, decideva di “farsi suicidare” in un ospedale di Zurigo, bevendo mezzo bicchiere di una sostanza che gli ha prodotto l’arresto cardiaco in meno di mezz’ora. Se avesse assunto a casa propria qualche goccia di cianuro avrebbe raggiunto lo stesso risultato senza scomodarsi ad arrivare nella Confederazione Elvetica. Però sarebbe cambiata la definizione dell’azione perpretata per indurlo alla morte che invece che come eutanasia sarebbe stata messa agli atti come suicidio. Si dimostra così che se non è suicidio, la morte provocata da altri è, per esclusione, omicidio comunque poi lo si voglia ipocritamente chiamare per mettersi a posto con la coscienza. Chi può sostenere che se i giudici non avessero autorizzato la cessazione dell’alimentazione di Eluana Englaro, cioè la sua eutanasia, ovvero se non fosse stata consentinta la soppressione della ragazza friulana poi questa non avrebbe potuto risvegliarsi come successo a Carina? Nel dubbio che facciamo, ammazziamo scientemente per essere sicuri di non doverci pensare più, invece di tenere accesa la luce della vita e della speranza?

In questo macabro turbinio di follie omicide si susseguono gli omicidi a pagamento di gente senza fede e con la mente obnubilata da una perversa e ideologia materialista basata sul nulla e su una visione nichlista della vita e della realtà. L’ex parlamentare dell’ultrasinistra e fondatore del Manifesto Lucio Magri, decise di farsi ammazzare in Svizzera nel novembre 2011. Il concetto ha fatto presa e proseliti a sinistra, e quello di Magri è stato un esempio che ha subito fatto scuola. Così Daniela Cesarini, 66enne ex consigliere comunale di Jesi nelle fila del Prc ed ex candidata sindaco alle ultime amministrative, ha seguito lo stesso percorso di Magri facendosi uccidere in Svizzera il 25 aprile, una data scelta apposta ed in maniera simbolica, la ricorrenza della Liberazione. Ma liberazione da che, dalla vita? La vita è un bagaglio insopportabile? La Liberazione è una gioia se festeggia una ritrovata libertà e la fine del predominio straniero, non se celebra la distruzione di qualcuno.
Ora è esplosa una vera psicosi, la corsa al “suicidio assistito”, questo è l’ultimo grido della moda dell’avanguardia progressista di sinistra ed i viaggi verso l’oblio non si contano più. Era quasi scontato che prima o poi, con l’allargarsi del fenomeno, dai e dai dentro al tritacarne finisse per cascarci pure qualcuno per sbaglio.

All’ex magistrato Pietro D’Amico, 62 anni, calabrese di Vibo Valentia venne diagnosticato un tumore incurabile, allo stadio terminale. Decide di allora di sottrarsi ad una lunga agonia e ad insopportabili sofferenze rivolgendosi ad una struttura svizzera che ha il nome che è tutto un programma di “Eternal Spirit Lifecircle” (spirito eterno del cerchio della vita) per ottenere il “suicidio” assistito, in pratica commissionando un omicidio a pagamento contro se stesso. In materia la legge svizzera prescrive che gli esami clinici del “cliente” vadano comunque ripetuti, e che la diagnosi della cartella clinica esibita all’atto della richiesta di assistenza sia confermata da almeno due medici elvetici diversi da quello che poi assiste il paziente nel suicidio. Cosa che nel caso dell’ex magistrato italiano non è avvenuta visto che uno dei medici che ha confermato la malattia era la stessa Erika Presig, ovvero la “dottoressa Morte”, quella che poi ha effettuato l’omicidio, pardon l’intervento. Perchè dubitare dei medici italiani? Perchè perdere tempo rischiando di indispettire o di deludere un cliente? La parcella era salva, il cliente contento e soddisfatto, dove stava il problema a procedere senza tentennamenti?

Peccato che sia uscito subito fuori come il dr. D’Amico fosse stato vittima di un tragico errore scientifico e che non era per niente affetto da quella grave patologia che lo aveva convinto ad avvalersi dell’eutanasia made in Switzerland a Basilea. La conferma, ammesso che ce ne fosse bisogno, arriva dalle risultanze della circonstaziata autopsia chiesta alla magistratura d’oltralpe dai superstiti dell’eutanasizzato, moglie e figlia. Come rende noto l’avvocato Michele Roccisano, amico della vittima ed ora legale della vedova, nelle conclusioni del referto sull’esame autoptico si legge infatti che “i sofisticati ed approfonditi esami di laboratorio dei reperti prelevati dal corpo, hanno escluso perentoriamente l’esistenza di quella grave ed incurabile patologia dichiarata da alcuni medici italiani ed asseverata da alcuni medici svizzeri”.

Ora chi restituirà la vita al dr. D’Amico ed a tutti gli altri eutanasizzati per errore che chissà quanti sono in tutto il mondo da quando questa intollerabile pratica ha cominciato a diffondersi.

Senza dire della ignobile prassi sempre più accettata di staccare la spina per togliere la vita persino a malati dormienti che non si possono neanche difendere o decidere del proprio destino. Omicidi veri e propri ammessi ed accettati da una società cui noi non finiremo mai di opporci, che sembra non raggiungere mai il fondo della più completa depravazione ed in cui la vita ha perso qualsiasi valore. Se non fermiamo per tempo questi boia prezzolati, finiremo come preconizzato nel film cult Coma Profondo: presi ed ibernati in appositi magazzini in attesa di poterci espiantare gli organi e trasformarci tutti in carne da macello.

Se questa è la società del futuro, preferiamo rimanere dove stiamo adesso.

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