L’ esercito sconfitto dei padri separati
Padri impoveriti dalla separazione, padri che oltre a vivere il dramma di un matrimonio o di una relazione che si sfascia, si ritrovano nel giro di breve tempo poveri sia materialmente, che spiritualmente, con rapporti spesso mutilati con i figli. Un dramma che in Italia coinvolge almeno 800 mila persone.
Le testimonianze
«La notte dormo in macchina. E’ questa la mia casa. In questo periodo, mi arrangio come posso. Poi, la mattina mi sveglio, mi vesto e vado a scuola. Sono un insegnante. Dopo la separazione da mia moglie, con tutte le spese che ogni mese devo sostenere, non sono stato più in grado di pagarmi l’affitto di un alloggio e sono finito in strada. Per fortuna, ho ancora l’auto in cui potermi rifugiare, ma ovviamente adesso non riesco più a vedere mio figlio come vorrei». Giuseppe racconta la sua storia conservando una profonda dignità, anche se tiene lo sguardo rivolto verso il basso e ha poca voglia di entrare nei dettagli di quello che gli è successo. Il suo è un nome di fantasia, ma quella che racconta è una storia assolutamente vera (Corriere della Sera).
Andrea (altro nome di fantasia, ndr), 46 anni, ha perso il lavoro nel 2009 a causa della chiusura dell’azienda dove lavorava da quando era giovane. La chiusura dell’azienda è avvenuta nello stesso periodo in cui si separava dalla moglie madre delle sue due bambine di 14 e 12 anni. Pur senza stipendio ha continuato a provvedere al mantenimento di moglie e figlie ma non potendo pagare un affitto anche lui è andato a vivere in macchina. Quando anche la macchina gli è stata sequestrata ed ha finito i soldi risparmiati, Andrea se ne è andato dalla sua città ed ha iniziato a vivere come senza tetto a Bologna. È qui che ha incontrato gli Avvocati di Strada, una organizzazione di 700 legali che presta assistenza gratuita ai senza dimora, a coloro cioè che non possono beneficiare del gratuito patrocinio a spese dello Stato in quanto privi del requisito della residenza anagrafica. Come nel caso di Andrea, a cui i legali di AdS sono poi riusciti a trovare una soluzione ed a risolvere il suo caso. Solo nel 2015 sono state aperte dai volontari dell’associazione 3.475 pratiche in tutto il territorio nazionale; il 45% di queste, riguardavano il Diritto Civile. Per essere ancora più precisi: 140 pratiche relative a separazione e divorzi (Corriere della Sera, 29 ottobre 2016).
“Dopo la separazione ho comprato un camper. Una casa in miniatura per i fine settimana con mio figlio”, racconta Stefano, 43 anni, padre separato di Genova. “Col tempo è diventato il nostro piccolo rifugio su due ruote. Vado a prenderlo tre volte al mese a Como, dalla mamma, e al posto di girare per hotel o prendere una stanza in affitto, ci divertiamo a colorare il nostro camper e a riempirlo di ricordi. Così è come se vivessimo in una casa vera”. “Se mi guardo indietro, la parola che accomuna tanti padri separati come me è la solitudine”, spiega Stefano. “In queste situazioni, quando ci sono di mezzo i bambini, l’80 per cento delle persone che hai intorno spariscono. La solidarietà va sempre alla mamma, come se una donna soffrisse di più”. (Huffington Post).
Il quadro generale
In Italia, secondo i dati concordanti di Caritas e dell’Eurispes, su 4 milioni di papà separati circa 800 mila vivono sotto la soglia di povertà, mentre un milione e mezzo vive in condizione di indigenza. Molti di questi, finiscono inevitabilmente a meno dell’aiuto di amici e parenti per strada, senza una casa o un posto in cui dormire. Non a caso le mense della Caritas sono piene di questi nuovi poveri, persone che sulla carta magari hanno anche un lavoro ma a causa dei costi della separazione (avvocati, mantenimento dei figli, nuove case da pagare) non hanno più la disponibilità completa del loro stipendio. Ovviamente la lunga crisi economica che stiamo vivendo non può che aver peggiorato una situazione già molto precaria.
«Parliamo di padri separati che, nonostante abbiano ancora un lavoro, tra gli assegni di mantenimento in favore dell’ex-moglie ed i figli ed il mutuo della casa da pagare, non riescono a sostenere le spese neanche per fittare un alloggio; ma parliamo anche di padri separati che hanno perso la loro occupazione e non hanno più le forze per rialzarsi, diventando inevitabilmente dei clochard». A spiegarlo è Gianni Sciannarella presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Adamo, la onlus che a Matera si occupa di aiutare i padri separati che vivono in situazioni di disagio economico e sociale.
Sono spesso dei papà in “giacca e cravatta” in fila alla mensa dei poveri, costretti a dormire in macchina e a farsi la doccia in ufficio. “Non possono permettersi un pasto adeguato almeno ogni due giorni, non possono scaldare adeguatamente casa e arrivano a fine mese con grande difficoltà”, si legge nel Rapporto. Un fenomeno in continua crescita, come testimonia l’andamento dei servizi rivolti ai padri separati. “Dal 2013 a oggi sono aumentate le richieste di alloggi e servizi residenziali”, spiega Laura De Lauso, responsabile dell’Ufficio Studi Caritas. “Per un papà separato la casa è una necessità, non solo dal punto di vista fisico ma anche psicologico. È uno spazio per ritrovare se stessi, per riprendere in mano la propria vita oltre che un luogo sano dove poter incontrare i figli”.
“Il padre separato non fa rumore, non chiede aiuto, si vergogna. Lo riconosci dallo sguardo perso e remissivo”, racconta Gianmario Pagani, padre separato e presidente dell’associazione La Rinascita di Como “Sono stato anch’io in quella situazione. La prima cosa che facevo al mattino quando mi svegliavo era pulire la macchina dove avevo dormito per cancellare ogni segno della notte precedente perché mi vergognavo”. Il pudore, il bisogno di nascondersi e di non mostrare la propria debolezza di fronte ai figli. “Spesso gli uomini non hanno la forza morale per affrontare questa situazione. Così si innesca una spirale per cui i papà che non riescono a pagare gli alimenti si sentono in difetto e pensano di non meritarsi l’affetto dei figli” (Huffington Post).
Articolo trovato in rete
La Chiesa stessa invita le persone a separarsi o ad annullare i matrimoni ,come se questa fosse la strada migliore.
Per 30 anni dalla Chiesa mi é stato rivolto l’invito a separarmi, a far internare mio marito, ad abbandonare la casa, invece di darmi aiuto e conforto. Mentre dai servizi sociali, lo stesso consiglio mi avrebbe buttato per strada, con il rischio di vedre i figli seminati chissà dove… Perchè quello che conta per tutti é il denaro, nulla di più. L’odissea che ho dovuto vivere per salvare i miei figli e mio marito da sé stesso annullandomi è durato 33 anni
L’unico vero sacerdote che è rimasto al mio fianco,mentre altri mi deridevano e mi scansavano, é stato testimone oculare di quello che subivo e accettavo nella fede, é stato perseguitato ferocemente, mentre perfino mio marito, non credente, lo rispettava devotamente. Era come il lupo per Francesco che diventava mansueto alla sua presenza. Anche mio marito aveva ferite profonde che non era riuscioto a sanare.
L’epilogo di tanto dolore, si é rivelato nell’ultimo mese di vita di mio marito, quando si è arreso davanti all’amore che riceveva con la coscienza di non meritarlo, mentre Dio chiedeva alla mia anima di consegnarglielo e accompagnarlo Ed io senza sapere che la fine era cosi imminente, l’ho riportato tra le braccia di Dio. E’ morto serenamente già da un paio di settimane riceveva regolarmente la comunionee ed io in forza del sacaramento che ci rendeva una persona sola, pregavo con lui e per lui.
Ho dovuto penare a causa di ospedali vuoti di sacramenti e di sacerdoti con laici incapaci di amministrare l’Eucaristia!! So quello che dico sono stata per tanti anni vicino a un cappellano ospedaliero.
Qualche giorno prima di morire, mi aveva rinnovato il suo amore, ci siamo perdonati, e anche se io non avevo motivi seri di chiedergli perdono, lo feci ugualmente per condividere lo sforzo, mio marito é stato sempre un uomo orgoglioso volevo aiutarlo a non sentire il peso di un umiliazione. A me cosa costava, per quante volte nella mia vita avrei dovuto chiedere perdono davanti a Dio…
Il giorno prima di morire lui mi fissò con uno sguardo cosi dolce , come non lo vedevo da tanti anni. Mi disse: per fortuna ci sei tu!
Per chi conosceva cosa ho passato in questi anni, è sembrato talmente facile lavarsi la coscienza, all’ultimo momento… ma lui cosa ne sapeva della sua morte imminente? Invece per me, che l’ho accompagnato tutta la vita, nonostante la sofferenza della solitudine e del rifiuto, rimanendo sempre presente per tutti, è stato l’impegno serio del mio giuramento dinnanzi a Dio:
Nella gioia e nel dolore… finche morte non ci separi !
Scegliendo la strada più facile adesso quanti saranno coloro che nel futuro potranno usare le persone come fazzoletti, senza prendersi un impegno serio? Lasciando una marea di persone, senza punti di riferimento: minori e adulti ,allo desolazione?
La superbia. l’ illusione di saper guidare il popolo meglio di Dio, ha peggiorato un problema che avrebbe dovuto essere curato con una sana e concreta evangelizzazione.
E ora sembrano tutti prodighi a voler guidare e riparare dopo aver distrutto nell’uomo il valore del sacrificio e dell’amore!!
G.M.